Cineforum
17/07 – h.21.00 - Sala Ercoli – Centro Civico – h.21, “Dio è donna e si chiama Petrunya” – Rassegna Pari Opportunità.
Autrice: Adriana d’Arezzo
Titolo: “Dio è donna e si chiama Petrunya” (“Gospod postoi, imeto i’ e Petrunija”)
Dati sul film: regia di Teona Strugar Mitevska, Repubblica di Macedonia, Francia, Belgio, Slovenia, Croazia, 100’Croazia, Sky
Genere: Drammatico
“Imparare a disobbedire”
Nella prima inquadratura una donna sta immobile su una delle linee che segnano le corsie di una piscina vuota.
Il film è diretto da Teona Strugar Mitevska, una regista che mostra di conoscere a fondo le molte implicazioni celate dietro un banale fatto di cronaca. Si tratta di una storia minima che si svolge in un borgo piuttosto anonimo della Macedonia.
Durante una cerimonia religiosa, i giovani maschi lottano per conquistare “la croce” lanciata nel fiume dal prete alla fine della processione, al vincitore porterà fortuna per un anno. Una giovane donna, Petrunya, si getta nella mischia e nell’acqua gelida riesce a prendere il trofeo scatenando incredulità e ira.
Poco prima Petrunya aveva sostenuto un umiliante quanto inutile colloquio per trovare lavoro e si aggirava tra la gente sovrappensiero.
Si scatena una rissa, a stento domata dal celebrante, la ragazza scappa a casa con la croce, si barrica nella sua stanza come un’adolescente.
Petrunya vive con i genitori in un clima difficile, la madre la rimprovera spesso e la tratta da ragazzina, il padre la sostiene, ma non osa contrastare la moglie. Non è bella, un po’ sovrappeso, non fa niente per rendersi attraente come vorrebbe la madre che la spinge a mentire sull’età e la vorrebbe meglio vestita. Si presenta com’è, non cerca lo sguardo maschile per autorizzarsi a vivere. Cerca un lavoro, ma come laureata in storia non c’è niente per lei, se non l’arroganza del capetto di turno.
L’episodio della croce diviene oggetto di attenzione di una piccola troupe televisiva capeggiata da una giovane giornalista che decide di dare rilievo alla notizia. In poco tempo l’intera famiglia apprende dalla televisione quanto accaduto con grande scandalo della madre. Madre e figlia si confrontano con rabbia, ciascuna tenta forse così di trasformare le umiliazioni subite. Intanto la Polizia cerca la misteriosa ragazza, la rintraccia e la porta in questura.
In commissariato inizia una silenziosa quanto inattesa resistenza, la Chiesa, la Polizia, il branco tutti vorrebbero che Petrunya arretrasse spaventata, restituisse la croce e basta. O meglio, semplicemente, vorrebbero cancellare il gesto di insubordinazione che non possono pensare. Lo vorrebbero negare, non accaduto. I giovani feriti nell’onore gridano: “una donna non può prendere la croce”, “non è vietato dai testi sacri” sostiene Petrunya, il prete deve convenire, tenta di placare gli animi, ma non sa governare questa tempesta. Gli uomini delle istituzioni cercano di blandire, di aggirare, di corrompere. Il branco di giovani maschi si fomenta, insorge con le armi dell’insulto illogico, violento e cieco.
Il film, in uno stile originale, insieme divertente e tragico, mette a confronto modelli femminili differenti. Attraverso la descrizione di eventi quotidiani minimi ci mostra la fatica del vivere di ciascuna e il desiderio di emanciparsi da ruoli assegnati. Petrunya e sua madre, un’amica che si sente libera nel consegnarsi ad un uomo che la sfrutta, la giornalista, ciascuna tenta di conquistare uno spazio proprio.